Come ho già messo in evidenza in altri post, le aziende organizzate secondo le logiche tradizionali, fanno oggi i conti con una criticità: la "gerarchia aziendale" non sembra in grado di gestire efficacemente un così alto tasso di innovazione e cambiamento continuo. La realtà, sempre più complessa, richiede che le energie della gerarchia aziendale siano convogliate sul piano del management, del deployment, dell'ottimizzazione.
Nell'attuale nuovo scenario, la gerarchia aziendale non è più in grado di agire efficacemente i piani del management e della leadership.
Per questo occorre coinvolgere un’altra porzione della popolazione aziendale sul piano della leadership. Chiunque svolga un'attività che comporti l'interazione con altre persone, è oggi potenzialmente chiamato a esercitare leadership. La scelta di esprimere leadership anche quando ciò non derivi dalla propria responsabilità di ruolo, impatta considerevolmente sulle prestazioni dei team.
Il compito del team leader è infatti fortemente agevolato quando gli riesce di creare un'alleanza con qualcuno dei suoi. Si tratta di quel rapporto che, nella metafora sportiva, riguarda la collaborazione fra il "mister" e l'allenatore in campo, quel giocatore che, indipendentemente da ruoli e etichette, sceglie di spendersi personalmente affinché la squadra si allinei rispetto all'atteggiamento che l'allenatore chiede di adottare.
Il team leader che potesse contare sull'alleanza di un "allenatore in campo", più facilmente potrebbe trasformare il suo gruppo di lavoro in una squadra.
Ma è davvero possibile? Un receptionist o un magazziniere possono realmente esprimere leadership? La leadership non è forse una competenza tipica, anzi esclusiva, dei ruoli direttivi? La leadership non riguarda forse la motivazione e il coinvolgimento dei collaboratori? E chi non ha collaboratori, come può esprimere leadership?
Naturalmente, per rispondere a queste domande è necessario fare ricorso a una nuova concezione di leadership: l'ecoleadership.
Propongo nel seguito ciò che la identifica, definisce e differenzia.
Quando si pensa alla leadership, normalmente si pensa a una responsabilità derivante da un ruolo particolare. È giusto: chi è chiamato a guidare un'organizzazione non può esimersi dalla responsabilità di esprimere leadership.
Eppure, è oggi necessario fare ricorso a una nuova concezione di leadership che non sia determinata solo dal ruolo, ma da una libera scelta di tipo etico, la scelta di chi si spende personalmente per il miglioramento della qualità della vita di qualunque ecosistema egli abiti.
Quello dell'ecoleadership è un tema che ho già trattato nel 2002 ne La leadership secondo Peter Pan: allora sembrava una concezione visionaria, oggi è diventata a mio giudizio una necessità vitale per le imprese.
Allora avevo utilizzato la metafora della cartaccia; mi pare tutt'ora attuale e la ripropongo.
Immaginiamo una persona che, camminando per strada, veda una cartaccia in terra. Possiamo ipotizzare diversi comportamenti da parte sua: può tirare dritto, può raccoglierla, può gettarne una anche lui.
Chi tira dritto può pensare più o meno così: io di certo non getto le cartacce in terra, non lo farei mai, ma mi guardo bene dal raccogliere quelle degli altri; se sanno che intanto c'è il fesso pronto a raccoglierle, continueranno a gettarle!
Il ragionamento non fa una grinza, anzi è condivisibile.
Chi raccoglie la cartaccia, invece, non fa tanti ragionamenti, la raccoglie e basta. Non sa se è "giusto" raccoglierla, sente di doverlo, anzi volerlo fare. La sua scelta di concorrere al miglioramento della qualità della vita degli ambienti in cui si trova, è di tipo etico e va oltre ogni ragionamento.
Chi getta la cartaccia a sua volta, è figlio del così fan tutti e nega al mondo il meglio di sé.
Il mondo è pieno di cartacce da raccogliere e di ecoleader disposti a raccoglierle, le organizzazioni aziendali anche.
Basta osservare una qualunque organizzazione, ad esempio un ufficio postale, e dopo pochissimi minuti si possono individuare fra gli impiegati, i raccoglitori di cartacce, gli ecoleader appunto.
Naturalmente si tratta di una leadership a 360 gradi: non riguarda il rapporto con i propri collaboratori, riguarda il proprio rapporto col mondo.
Chi è chiamato a esprimere leadership in ragione del ruolo che ricopre, ha bisogno di alleati, di allenatori in campo, di figure con cui confidarsi e che esercitino nei suoi confronti una sorta di coaching di fatto. Per queste ragioni, gli ecoleader sono oggi figure cruciali per l'equilibrio e la longevità delle organizzazioni.
Questo tipo di espressione di leadership non è voluta, cercata, pianificata; non è esito di applicazione di questa o quella tecnica. L'ecoleadership è effetto di un atteggiamento verso il mondo, della scelta di influire, di concorrere, di lasciare un segno.
Per queste ragioni, sono dell'opinione che l'ecoleadership sia in fondo un'attitudine innata: credo che ecoleader non si diventi.
Ecco la mia definizione di ecoleadership: attitudine innata grazie alla quale una persona sceglie di spendersi personalmente al fine di migliorare la qualità della vita ed emancipare gli ecosistemi che abita.
Ecco i principi a cui si ispira l'ecoleadership:
- Essere della partita, indipendentemente dal proprio livello gerarchico
- Assumersi la responsabilità della qualità delle proprie relazioni
- Considerare ogni "crisi" come una transizione e non come uno stato
- Parlare solo di ciò che si sa e ascoltare molto ciò che non si sa
- Non scaricare i problemi, anzi farsene carico
- Costituire un esempio disinteressato di qualità
- Ripudiare il lamento
- Conoscere il potere dei piccoli gesti
Il paradosso è che spesso nelle organizzazioni l'ecoleadership non solo non è potenziata, ma è talora osteggiata. Così gli ecoleader vivono con frustrazione la loro attitudine anziché metterla al servizio dell'organizzazione. Costoro vanno invece incoraggiati, specialmente attraverso attività formative volte al loro potenziamento personale.
Naturalmente la partecipazione a tali iniziative formative, va proposta su base volontaria, a diversi livelli gerarchici, senza designazioni dall'alto: la partecipazione per libera scelta, diventa in questo modo anche un semplice sistema per individuare gli ecoleader in pectore.
Normalmente la comunità degli ecoleader raccoglie circa il 10% della popolazione aziendale.
L'appartenenza a questa comunità, appaga il sincero desiderio di fornire un contributo al cambiamento positivo, con soluzioni strategiche semplici e intelligenti che danno più significato e scopo al proprio lavoro.
La comunità degli ecoleader si occupa fondamentalmente di concorrere a:
- Generare nuove visioni e gestire il cambiamento in direzione delle stesse
- Generare cambiamenti nel comportamento organizzativo, orientandolo verso soluzioni che sappiano coniugare semplicità ed eccellenza.
Le organizzazioni che hanno fatto questa scelta, hanno riscontrato uno straordinario miglioramento delle prestazioni aziendali, derivante dall'intenso interscambio di esperienze e dalla solida collaborazione che si sviluppa in seno alla comunità degli ecoleader.
Grazie alla scelta della diffusione della leadership, l'organizzazione gode in oltre dei seguenti benefici indotti:
- Agevolare l’attività manageriale di people talent management
- Promuovere il coinvolgimento delle persone
- Facilitare i processi di cambiamento
- Favorire la fluidità della comunicazione nell’organizzazione
- Diffondere senso di responsabilità e di iniziativa
- Generare un clima positivo
- Mettere il meglio delle persone al servizio dell’impresa