Il senso di incertezza e precarietà che contraddistingue il nostro tempo, determina nelle organizzazioni uno stato di "ristrutturazione continua”. Tutto deve cambiare, si pensa, ma come si sa, il miglior modo per cambiare nulla è dichiarare che bisognerebbe cambiare tutto.
Talora questo stato di cose, questa continua e vana attesa di una nuova stabilità, viene vissuta come uno stato di "crisi permanente”, altre volte come un’emergenza continua, altre volte ancora come vitalità.
Questo stato di ristrutturazione continua, determina spesso un orientamento a rimandare le decisioni: prima dobbiamo riorganizzarci, si dice. Ma la riorganizzazione non finisce mai, così, paradossalmente, quella che dovrebbe essere una ristrutturazione continua, si trasforma in immobilismo. Un po' mascherato da un continuo falso senso di urgenza, ma pur sempre immobilismo: nulla si può fare perché tutto sta cambiando.
La ristrutturazione e la riorganizzazione diventano così il miglior alibi per non prendere decisioni: prima dobbiamo riorganizzarci. Così si sospendono ad libitum le attività non direttamente connesse ai processi di riorganizzazione, a partire dalle attività volte allo sviluppo delle persone.
Spesso, nel valutare l’opportunità delle mie proposte formative, il mio interlocutore obietta che prima “bisogna lavorare sull’hardware” (si intendono le strutture organizzative), e che al software (le persone) si dovrà pensare poi. Come se l’atteggiamento delle persone fosse un orpello del cambiamento e non , come invece è, ciò che maggiormente lo determina.
Così si finisce per cambiare tutto per non cambiare nulla, trincerarsi dietro ai facili alibi, nascondere a se stessi la necessità di scelte coraggiose. Ma questo nostro tempo non è per i pavidi o per i pusillanimi, è per i forti di cuore.
Non bisogna attendere che tutto cambi, non bisogna illudersi di una nuova definitiva stabilità, non serve attendere che passi la burrasca. Per dirla con un celebre aforisma attribuito a Gandhi, oggi più che mai non serve attendere che passi la tempesta, occorre imparare a ballare sotto la pioggia.
