Per vivere consapevolmente questo nostro tempo e imparare a "ballare sotto la pioggia", dobbiamo ripensare l'organizzazione, il management, lo sviluppo.
Occorrono nuove soluzioni organizzative. Occorrono nuove modalità operative che aiutino a distinguere il piano del management da quello della leadership, il piano del governo della complessità da quello della gestione del cambiamento, il piano del deployment da quello dalle nuove visioni.
Non basta più poter contare su bravi manager e zelanti esecutori. Se un tempo si poteva pensare che l’esercizio della leadership fosse appannaggio del vertice, del board, dei dirigenti e che la capacità di management fosse invece appannaggio della “pancia” dell’organizzazione, oggi non è più così: occorre coinvolgere una significativa porzione della popolazione aziendale sul piano della leadership.
John P. Kotter scrive in un suo recente articolo che la più impegnativa sfida che si pone oggi ai leader aziendali è probabilmente quella di rimanere competitivi in un ambiente caratterizzato da turbolenza costante e incertezza permanente.
E' vero, il nuovo scenario che si è determinato in questi anni, chiama i leader delle organizzazioni a porsi alcune domande cruciali:
- Quanto i talenti di ciascuna persona sono messi al servizio dell'emancipazione dell'organizzazione?
- Quanto le persone si sentono protagoniste dell'innovazione (a tutti i livelli)?
- Quanto le persone sono formate all'innovazione creativa?
- Quanto il contributo all'innovazione é gestito in modo strutturato e sistematico?
Dalle risposte a queste domande, si evince normalmente la necessità di potenziare l'esercizio della leadership.
Da questo punto di vista, appare del tutto inadeguato (in quanto difensivo e conservativo) pianificare la formazione manageriale e comportamentale sulla base di quanto emerge dalle cosiddette indagini sui bisogni, dai questionari, dalle richieste esplicite dei dipendenti, dalle analisi delle competenze carenziali.
Occorre un nuovo approccio, non il vecchio approccio perfezionato. Occorre proporre e squadernare, non chiedere e confermare. Occorre innovare, non solo ottimizzare.
Il ripensamento della formazione non può che ripartire da elementi valoriali, da quei valori che più di altri risultano funzionali a sopravvivere e magari prosperare in questa nuova epoca nella quale siamo chiamati ad operare "a risorse scarse".
Quali sono dunque i nuovi valori di riferimento?
Essi derivano dalla declinazione del "meta-valore" essenzialità: profondità di pensiero, semplicità di soluzione, autenticità nelle relazioni.
Senza profondità di pensiero non è possibile dare significato alle cose, a ciò che facciamo e viviamo. Sui bisogni degli individui sono stati fatti studi e ricerche: bisogni primari, sociali, realizzativi e carenziali. Tutto vero, ma a volte ci si dimentica dei bisogni più profondi, quelli esistenziali: il bisogno di significato è forse il più rilevante fra questi e, in fondo, il più connaturato alla natura umana. Oggi chi è a capo di un'organizzazione (grande o piccola) non può pensare di esprimere leadership senza rispondere al bisogno di significato dei suoi uomini, senza far vivere loro le ragioni profonde di ciò che gli è richiesto di fare.
Nelle grandi organizzazioni, si è assistito in questi ultimi decenni a un prpgressivo perfezionamento degli strumenti manageriali, dei sistemi di gestione e dei sistemi informativi. Ciò ha determinato un indiscutibile miglioramento dell'efficienza. Ma attenzione: c'è una soglia oltre la quale un eccesso di perfezionamento diventa diseconomico. Tale soglia si è spesso superata, finendo per appesantire l'organizzazione di strutture e sovrastrutture dedicate a un livello di approfondimento e dettaglio economicamente insostenibili. In talune situazioni, le persone operanti in queste sovrastrutture, si sono ritrovate a impegnarsi più nel giustificare il loro stipendio piuttosto che nel centrare realistici obiettivi. Occorre riscoprire il valore della semplicità di soluzione.
Quello dell'autenticità è oggi un valore imprescindibile: la richiesta di autenticità nelle organizzazioni e nella società nel suo complesso, è certamente crescente. L'abuso delle tecniche (di motivazione, vendita, negoziazione, comunicazione, ecc) genera oggi caricature di manager. è venuto il tempo di approcci più autentici. Certo, il valore dell'autenticità si presta a molti equivoci; è un tema che tratto diffusamente nel mio libro Il coraggio di essere te stesso. Mi limito a sottolineare l'importanza di esprimere se stessi (il meglio di se stessi) e superare la tentazione di emulare i cosiddetti modelli di successo.
La formazione della nuova epoca non può prescindere da questi tre valori. Essi rappresentano la cornice entro la quale muoversi nel progettare e proporre percorsi ed esperienze formative.